A Vairano, in zona Verdesca, alzando lo sguardo verso il colle Castellone si può notare un antico edificio intrappolato nella vegetazione. Si tratta dei ruderi dell’abbazia della Ferrara, importante centro religioso e storico risalente al 1179. Lo scorrere del tempo e l’incuria ha segnato violentemente il sito e possiamo solo immaginare quale fosse il suo antico splendore.
L’abbazia della Ferrara: lo splendore di una volta
L’edificazione dell’abbazia della Ferrara iniziò nel 1171 su di un terreno donato dal conte Riccardo de Sangro. Fu il monaco cistercense Giovanni De Ferraris a curarne i lavori di costruzione. E nel 1179, il complesso religioso fu pronto per accogliere una ricca schiera di monaci, laici e pellegrini. Probabilmente il primo impianto era di tipo gotico severo e nel corso del tempo varie modifiche furono riportate alla struttura.
Pietro De Marino nel 1660 descrisse l’abbazia evidenziando la presenza di una grande chiesa a tre navate. La navata principale coperta a tetto e le laterali a volta. Il presbitero terminava nel catino absidale e aveva due cappelle laterali. La chiesa, inoltre era arricchita da molti altari in pietra ed il campanile dava voce a tre campane. La corte della badia era ampia e circondata dalle stalle e dalle celle. Infine, una fontana d’acqua manteneva in vita un verdeggiante giardino di frutta e verdura.
L’importanza religiosa dell’abbazia della Ferrara
L’abbazia della Ferrara risulta essere la prima abbazia cistercense del Regno di Napoli, realizzata ancor prima degli ordini benedettini. Inoltre, fu tra le prime a rivolgere una particolare devozione alla persona dello Spirito Santo. Nell’anno Mille, infatti, diversi predicatori profetizzavano lo Spirito Santo come protagonista della riabilitazione della spiritualità della Chiesa. L’abbazia della Ferrara era collocata, e lo è tutt’oggi, sulla Via Francigena del Sud e all’epoca accoglieva e ristorava molteplici pellegrini.
La sua influenza religiosa fu tale che attrasse molteplici donazioni. I possedimenti della badia, così, si estesero non solo nei comuni limitrofi, ma addirittura fino ad Isernia e Benevento. Sotto la gestione dell’abate Taddeo il sito raggiunge la sua massima estensione. Ma il potere e le ricchezze fecero nascere la corruzione tra i monaci. Il decadimento morale ben presto portò a disordini ed eventi nefasti che determinarono, nel 1807, la chiusura del monastero. In questo periodo la struttura cistercense fu utilizzata come una comune masseria e venne fortemente modificata.
I personaggi illustri ospitati nell’Abbazia della Ferrara
Sono molteplici i personaggi storici e leggendari che hanno lasciato traccia del loro passaggio nell’abbazia della Ferrara. In primis possiamo citare Federico II di Svevia ed il suo stretto collaboratore Pier delle Vigne. L’abate Taddeo era intimo amico dell’imperatore, motivo per cui più volte Federico II soggiornò nella badia e ne favorì l’estensione.
La collocazione sulla Via Francigena rendeva il sito una tappa gradita per i pellegrini. Qui, i viaggiatori trascorrevano il tempo nel raccoglimento della preghiera e raccontando e condividendo le loro esperienze di viaggio. In particolare, nelle cronache del 1223, è rimasta impressa la testimonianza di alcuni cavalieri dell’ordine teutonico. Essi affermarono di aver incontrato la leggendaria figura dell’ebreo errante, l’uomo condannato a vagare sulla Terra fino alla fine dei tempi.
Tra i monaci e i religiosi che vissero in questo luogo, uno in particolare merita menzione. Si tratta di Pietro Angelerio (papa Celestino V) noto come il papa del gran rifiuto che Dante pone nell’Inferno, tra gli ignavi. Secondo lo storico Domenico Caiazza, Celestino V, nato nel piccolo paesello di Raviscanina compì i suoi studi proprio nell’abbazia di Vairano.
La cappella di Malgerio Sorel
Altro personaggio che dimorò nel convento vairanese fu Malgerio Sorel, valletto e falconiere di Federico II. Egli, donò tutti i suoi possedimenti ai cistercensi e si ritirò a vivere nell’abbazia fino alla fine dei suoi giorni. La sepoltura del nobile benefattore è rappresentata in un affresco ancora visibile nella cappella ad esso intitolata. Nell’affresco compare anche la Beata Vergine Maria con il Bambino, S. Benedetto con il libro della Regola e S. Bernardo di Chiaravalle. E tra la schiera di monaci raffigurati viene riconosciuta l’esile figura di Celestino V, amico del Sorel. È questa una chiara prova a sostegno degli studi del Caiazza. L’affresco è stato restaurato con fondi privati, ma la cappella nel quale è conservato risulta essere in cattive condizioni.
Oggi, infatti, il monumento risulta in completo stato d’abbandono. Il sito è stato, addirittura, sottoposto a sequestro preventivo da parte della Procura a seguito di crolli. Nell’attesa che si provveda al suo recupero, noi non possiamo fare altro che ricordare l’importanza di questo gioiello casertano, con la speranza che possa presto tornare ad essere motivo di vanto del nostro territorio.
Per la foto di copertina e le immagini contenute nell’articolo si ringrazia Guglielmo D’Arezzo.