Cappella Palatina: la perla vanvitelliana della Reggia - itCaserta

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ALLA SCOPERTA DELLA REGGIA

Cappella Palatina: la perla vanvitelliana della Reggia

foto della cappella palatina

«La Cappella Palatina mia di Caserta sarà certamente il miglior pezzo. Quella di Versailles è così cattiva, sproporzionata in tutto, piena di bronzi dorati, che è una pessima cosa. Ma non fu la Cappella di Versailles a farmi fare la loggia attorno. Fu l’ordine del Re che voleva tutta la Corte sotto il suo sguardo durante i corteggi e i baciamani.»

Con queste parole Luigi Vanvitelli narra del progetto della Cappella Palatina della Reggia di Caserta. Un’opera di immenso valore che ha richiesto decenni per essere ultimata, e che venne parzialmente distrutta durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale.

Il modello di Versailles

Come si intuisce dalle parole dell’architetto napoletano, il re per la Cappella Palatina desiderava mantenere lo stile e il disegno del Palazzo di Versailles. Tuttavia Vanvitelli non era particolarmente un fan della residenza reale in Francia. Decise quindi di non seguire totalmente il volere di Carlo III e di personalizzare il progetto. Il risultato fu un luogo di preghiera realizzato interamente in marmo con la planimetria simile a quella di Versailles, ma con elementi e dettagli decisamente diversi. Si discostava infatti dallo stile sfarzoso e barocco del palazzo francese, avvicinandosi più ad uno neoclassico.

cappella palatina

La struttura si sviluppa su tre livelli: la base, la galleria superiore e il passaggio nascosto. Quest’ultimo serviva non tanto per restare nell’anonimato, quanto per illuminare il più possibile l’intera Cappella Palatina. Vanvitelli qui escogitò un ingegnoso sistema per sfruttare al massimo la luce solare, grazie ad una serie di finestre ovali lungo il medesimo corridoio. La galleria superiore era invece una vera e propria tribuna d’onore, con riquadri in marmo di Mondragone e il mosaico del pavimento che si lega con il tema del soffitto. I dipinti furono realizzati da Sebastiano Conca, che si dedicò al progetto alla veneranda età di ottant’anni.
A differenza di tutta la Reggia, Vanvitelli decise di non abbondare con le decorazioni. L’unica eccezione era rappresentata dal progetto dell’altare che, una volta completato, sarebbe stato un vero e proprio gioiello di tutta la reale residenza.

L’altare: un’opera mai portata a termine

Quello che è possibile ammirare all’interno della Cappella Palatina non è la versione definitiva dell’altare, bensì un suo modello. Originariamente doveva essere infatti interamente in marmo, ma una lunga serie di imprevisti e controversie ne impedirono il completamento. L’opera era stata commissionata a Filippo Rega, incisore e direttore del Laboratorio di Pietre Dure di Napoli. Gioielli, bronzi dorati e un grosso topazio dovevano caratterizzare l’altare, scolpito direttamente su un blocco di marmo di Carrara. Una meraviglia per pochi insomma. Tuttavia, dopo diversi anni di attesa, Ferdinando II chiese di collocare l’altare nella cappella, ma il nuovo direttore partenopeo (succeduto a Rega dopo la sua morte) rispose picche: progetti e modelli erano stati rubati dai laboratori di Napoli. Quindi era tutto bloccato da un pezzo.

cappella palatina - altare

L’altare di Maldarelli

Così il direttore dei lavori artistici della Reggia, Gaetano Genovese, fece realizzare dall’artista Enrico Maldarelli un modello provvisorio. Dopo qualche anno di lavoro, l’altare non-ufficiale venne installato all’interno della cappella. Tutto ovviamente in attesa di quello definitivo, che non verrà mai realizzato. Così come il tabernacolo, rimasto incompiuto a causa della caduta del regno.

Il bombardamento della Cappella Palatina

Il 27 agosto 1943 la città di Caserta venne pesantemente bombardata dagli alleati. L’obiettivo era la stazione ferroviaria ma, a causa dei forti venti, parte del bombardamento coinvolse i quartieri vicini e la Reggia. La Cappella Palatina subì gravissimi danni: parte del soffitto crollò distruggendo dipinti, gli organi e le altre opere presenti. Un disastro incalcolabile, che ha portato alla perdita di sette degli otto quadri ereditati dai Borbone. Il restauro partì subito dopo il conflitto, ma le difficoltà (economiche e materiali) non permisero di restituire l’antico splendore della cappella. Parte dei danni vennero inoltre lasciati di proposito per ricordare alle generazioni future i danni e gli orrori della guerra.

Cappella Palatina: la perla vanvitelliana della Reggia ultima modifica: 2017-07-13T17:42:37+02:00 da Gabriele Roberti

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