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CASERTA NEI SECOLI SPORT

La rivolta del pallone: quando Caserta fu messa a ferro e fuoco

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Caserta ha sempre avuto un forte legame con lo sport. Dal basket al calcio, passando per il pugilato o l’atletica: nella storia della città diverse sono state le società vincenti o i grandi atleti capaci di incantare stadi e palazzetti. Tuttavia non sono mancati nemmeno gli scandali sportivi, che hanno spesso portato al ridimensionamento di una squadra, di un progetto o di un’intera carriera. Tra questi uno dei più eclatanti fu quello che investì la Casertana alla fine del campionato di Serie C nel 1969. In quell’occasione migliaia di casertani, inferociti per la sentenza emessa, misero a ferro e fuoco la città, inaugurando quella soprannominata come Rivolta del Pallone. Ma come si arrivò a questo?

Una squadra costruita per vincere

Partiamo da qualche anno prima, ovvero dal 1963. La Casertana, fresca di promozione in Serie C, ha ora una nuova proprietà. L’imprenditore Giuseppe Moccia acquista infatti la squadra, promettendo ai tifosi traguardi mai raggiunti prima. L’obiettivo è portare i falchetti nel calcio che conta, partendo proprio dalla conquista della Serie B. Nel giro di due anni Moccia costruisce una squadra di un certo livello, che cresce stagione dopo stagione.

Rivolta del pallone - foto di repertorio

Nel 1968 la Casertana conclude il suo campionato al secondo posto, ad un solo punto dalla Ternana. I tempi sono ormai maturi: è giunto il momento di abbandonare l’inferno della Serie C. La stagione 1968/69 si avvia così con un solo ed unico obiettivo: vincere il campionato. Cosa che alla squadra guidata da Tom Rosati esce benissimo, guidando la classifica dall’inizio alla fine, con il Taranto in seconda posizione. Il 22 giugno 1969 si disputa l’ultima partita contro il Messina. Basta un punto. E davanti a 15mila spettatori (Caserta aveva meno di 60mila abitanti), i falchetti battono i siciliani 1 a 0. Si va dritti in Serie B! In città è festa grande.

rivolta del pallone - Tifosi Casertana
Tifosi Casertana in festa

Subito i casertani cominciano a sognare, mentre la proprietà pianifica il mercato per affrontare la nuova sfida. Le ambizioni sono tante, perché fermarsi qua? Ma un fulmine improvviso squarcia la gioia di tutti. Secondo alcuni la Casertana avrebbe truccato una partita per assicurarsi la vittoria. Un fatto grave che, se confermato, porterebbe serie conseguenze.
La partita incriminata è quella contro il Trapani. A seguito della denuncia del presidente del Taranto Di Maggio, vengono chiamati a testimoniare i due giocatori ritenuti come principali responsabili: Renzo Selmo (Casertana) e Renato De Togni (Trapani). Selmo rigetta le accuse, De Togni invece conferma. Poi ci ripensa, scrivendo una lettera in cui ritratta quanto detto. Ora la palla passa ai giudici.

Inizia la rivolta del pallone

La sera del 7 settembre viene emanata la sentenza: penalizzazione di sei punti dal campionato scorso e squalifica per Selmo e De Togni. Alle 10:40 del giorno dopo la radio diffonde la notizia. Poco dopo il sindaco di Caserta e la Giunta comunale chiedono alla cittadinanza di “…manifestare con tutti i mezzi consentiti lo sdegno…”. Inizia così la rivolta del pallone.
Migliaia di casertani si riversano per strada in un corteo, che sfocerà presto in azioni bellicose contro la città stessa. Vengono presi infatti di mira negozi, uffici, banche, ma soprattutto la stazione e l’autostrada. Caserta è paralizzata e isolata. Decine di camionette di militari giungono per contenere i disordini, così come giornalisti da tutta Italia e dall’estero. Mai nel Belpaese si era arrivati a questo. Per l’occasione la polizia utilizza per la prima volta, contro i civili, gli scudi antisommossa.

Rivolta del pallone a Caserta

I disordini si prolungano anche il 9 settembre. Il Palazzo degli Uffici finanziari e il Provveditorato agli Studi sono presi di mira con una fitta sassaiola. Alcune zone della città lamentano la mancanza di acqua, pane e altri generi di prima necessità. Quasi tutti i negozi restano chiusi per protesta o per non restare coinvolti nella rivolta. Sembra uno scenario di guerra.
Il giorno dopo la situazione si calma, anche grazie agli appelli del sindaco Di Nardo e del vescovo Roberti. Si contano i feriti (circa cinquanta), danni per centinaia di milioni di lire (all’epoca un’enormità) ed una magra figura per tutta la città. Un episodio unico nel panorama calcistico italiano, che non mutò (ci mancherebbe!) la sentenza. Il 19 settembre viene infatti confermata la penalità, negando – in maniera definitiva – la serie cadetta ai falchetti. Serie che riuscirà a conquistare un anno dopo, questa volta senza alcun illecito.

La rivolta del pallone: quando Caserta fu messa a ferro e fuoco ultima modifica: 2019-09-12T11:15:00+02:00 da Gabriele Roberti

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