Pietro Marcello e il nuovo cinema d’autore indipendente

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PERSONAGGI

Pietro Marcello: la regia che muove l’anima

Pietro Marcello

Il cinema è un occhio indiscreto sul mondo, e una finestra impudica sull’uomo e sulla sua realtà. Al di là delle pellicole fantasmagoriche di eroi che salvano scolaresche e che compaiono nei talk show, esiste un cinema diverso. Esiste un cinema fatto di storie, di persone, di cadute e di risalite. Questo spirito neorealista ci ricorda dove tutto è cominciato, e certamente non è cosa da poco. Dal torpore visivo di ciò che appare visto e rivisto, ci ha svegliati un regista che esprime tutta la malinconia e la verità della sua terra: Pietro Marcello!

Pietro Marcello, un talento tutto casertano

I personaggi di cui ci si può vantare nati a Caserta e dintorni sono tanti, e fra questi compare Pietro Marcello. Giovane e ambizioso, nasce nel 1976 proprio a Caserta, e sin da subito si rende conto di avere una passione per l’arte. Inizia così a frequentare l’Accademia di Belle Arti, dedicandosi però alla pittura. La sua carriera vede una gavetta impegnativa, infatti dapprima insegna in carcere con la tecnica del video partecipato, mentre dal 1998 al 2003 diventa organizzatore e programmatore della Cinedamm presso il Damm di Montesanto a Napoli, di cui è stato anche co-fondatore. Da quel momento Pietro sente di volere di più, e dà vita ad un radio documentario intitolato Il tempo dei magliari. Sempre nel 2003 si butta sul cortometraggio, e realizza i suoi primissimi lavori: Carta e Scampia. Pietro fissa la realtà nella sua veste più intima, e le dà voce.

Pietro Marcello e Martin Eden

Fotogramma della pellicola Martin Eden

Nel 2004, invece, vede la luce il documentario Il Cantiere, talmente apprezzato da vincere il premio Libero Bizzarri. Un cinema che non si esaurisce in sé stesso, ma che cerca domande senza pretendere di fornire risposte affrettate. Il cineasta casertano proietta sullo schermo un maturo cinema indipendente, che si spoglia di ogni costrizione. Nel 2005 partorisce La Baracca, per poi farsi conoscere con Il passaggio della linea, giunto sino alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2007. Qualche anno più tardi, La bocca del lupo vince il premio Fipresci al Torino Film Festival, il Premio internazionale Scam al Cinéma du Réel, il Premio Caligari e il Teddy Bear alla Berlinale, e il Premio Signis al BAFICI. Ne seguiranno molti altri. Nel 2011 Il silenzio di Pelešjan riscuote un successo clamoroso, annoverando Marcello tra i maggiori registi indipendenti della sua generazione.

Una finestra sul mondo

Pietro Marcello è un visionario, è un anarchico fuori misura, che non sopporta la limitazione di regole formali imposte all’arte. Questa, come il cinema, sono espressioni del Caos primordiale che è la realtà: fronzoli e vacui orpelli non sono un’opzione per Pietro. L’Italia e il suo Sud come sfondo per un mondo che cambia, che si trasforma, ma che in fondo resta fedele a sé stesso. I volti stravolti della gente, i suoni cadenzati, e un abisso senza fine: la vita umana, per Pietro, si racconta attraverso gli occhi impietosi del vero cinema. Ne Il passaggio della linea (pellicola a bassissimo costo), Pietro si mostra per ciò che è: un cantastorie, intenso e drammatico. Le parole che vengono pronunciate si perdono nell’alba, e le vibrazioni di tale espediente cinematografico esprimono tutta la potenza di cui Marcello è capace.

Pietro Marcello e il suo cinema

Scena tratta dal film Bella e perduta, di Pietro Marcello (Foto di paperstreet.it)

Riuscire al giorno d’oggi a trasporre in maniera lirica e sentita la realtà è tentativo di molti, ma in pochi effettivamente ci riescono. La virtù di Pietro Marcello, in questo ambito, è di certo l’onestà. Umilmente non teme di misurarsi con i maestri della tradizione cinematografica sovietica, mosso da una passione civile per il suo paese. Ricordi perduti di una terra spesso dimenticata, che con coraggio vengono scandagliati e posti sotto lo sguardo sincero della finzione. Pietro racconta la storia, racconta le storie. Narra i fantasmi del cambiamento sociale e politico, e le vite degli ultimi, come i protagonisti de La bocca del lupo.

Il coraggio delle immagini

Il sogno, lo scenario onirico si fonde con la cruda verità del reale, in un viaggio senza fine verso un’Italia bella e perduta, titolo del suo ultimo film. La terra dei fuochi divampa in un discorso di sentimento civile, mentre fa da spettatrice la meravigliosa Reggia di Carditello. Questa, simbolo del patrimonio culturale nostrano, fa da sfondo ad una vicenda antica e moderna nel contempo, in cui Marcello esprime la quintessenza della tecnica del documentario. Il bufalo maschio, destinato al macello, rappresenta in un certo senso quello che Pietro ha compreso della nostra società. Per quanto siamo diretti verso l’autodistruzione, non possiamo ignorare i buoni sentimenti. Il prode Tommaso, l’angelo custode della Reggia, che l’ha salvata dall’oblio e dalla distruzione a sue spese, muore la notte di Natale. Pulcinella torna dall’aldilà per salvare il povero malcapitato bufalo, appartenuto a quest’uomo di buon cuore. Il ricordo di Tommaso non svanisce, così come non può svanire la memoria di un tempo passato. I personaggi di Pietro non sono eroi propriamente detti. La loro determinazione non conosce confini, e anche quella di Pietro Marcello può dirsi sconfinata. Vedere i suoi film significa innanzitutto vedersi, abbracciando e cercando di comprendere la vita in tutte le sue molteplici sfumature.

Pietro Marcello: la regia che muove l’anima ultima modifica: 2019-04-02T09:39:55+02:00 da Marcella Calascibetta

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